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Il caso AstraZeneca

Da qualche giorno è in corso un’isterica reazione alle “notizie” secondo le quali si sarebbero verificate alcune morti “sospette” dopo l’inoculazione del vaccino AstraZeneca. L’allarme, va detto, è stato amplificato da molti quotidiani che hanno esposto titoli più che fuorvianti. Finora, devo riconoscerlo, l’unico quotidiano che ha prodotto notizie degne di questo nome a me sembra essere il Manifesto.

Veniamo ai fatti, egregiamente riassunti in un tweet di Marco Cattaneo che, guarda caso, è un fisico.

Gli “eventi avversi” (le morti per trombocitopenia, verificatesi entro pochi giorni – non immediatamente, si badi bene – dall’inoculazione del vaccino) sarebbero 7 su 1.6 milioni di somministrazioni. In sostanza, c’è una probabilità che tale evento si verifichi pari a 4.4×10-6. Basterebbe confrontare questa probabilità con quella di morire come conseguenza dell’infezione da COVID-19 (che è, sempre stando ai dati riportati da Cattaneo*, di 2×10-3) per rendersi conto che è 1000 volte più probabile perire avendo contratto il COVID-19 che sottoporsi a vaccino. Ovvio che c’è un aspetto psicologico non trascurabile: il COVID-19 lo prendo indipendentemente dalla mia volontà, e posso prendere opportune precauzioni (le quali, evidentemente, non sono sufficienti a scongiurare del tutto l’evento infausto, visto che il numero è stimato sulla base di quel che succede oggi in Italia, dove i più rispettano tutte le norme di sicurezza). Al vaccino, invece, mi sottopongo volontariamente e potrei azzerare la probabilità di morire in seguito alla sua inoculazione evitando di farlo (ma mi conviene?).

Immagine tratta da https://www.ideawebtv.it/

Cattaneo riporta però altri dati: gli eventi della stessa natura che si verificano di norma nella popolazione (indipendenti dal vaccino) sono 3.5 per milione. Vale a dire che c’è una probabilità di 3.5×10-6 di essere vittima di trombosi, che ci si sottoponga a vaccino o meno. I due numeri sono praticamente uguali.

Basta studiare la statistica elementare per conoscere le proprietà della statistica di Poisson, la cui varianza (che misura l’ampiezza delle fluttuazioni statistiche rispetto al valor medio) è pari al numero di eventi che si verificano. L’incertezza statistica è pari alla radice della varianza, il che significa che, se mi attendo di osservare N eventi, in media, c’è circa il 70% di probabilità di osservarne un numero compreso tra N-√N e N+√N. Tale probabilità sale al 95% in un intervallo ampio il doppio (compreso tra N-2√N e N+2√N).

Questo significa che se si verificano, indipendentemente dal fatto di essere o meno stati vaccinati, circa 4 eventi ogni milione di abitanti, l’incertezza su questo numero è circa 2 per milione. Con probabilità pari al 95%, il numero di eventi che si verificheranno è compreso tra 4-2×2=0 e 4+2×2=8 per milione di abitanti, perfettamente compatibile con il numero di 4.4 per milione.

In definitiva, il numero di morti per milione è perfettamente in linea con le statistiche e non c’è dunque alcun motivo per ritenere che siano correlate con la somministrazione del vaccino.

In realtà c’è un dato che non abbiamo considerato ed è il periodo in cui si verificano queste morti (questo dato non è fornito, ma sembra abbastanza ragionevole assumere che sia costante su tutto l’anno). Se le morti ordinarie sono distribuite su tutto l’anno, come sembra ragionevole, su una popolazione di circa 60 milioni di abitanti, ci si aspetta di avere un totale di 210 morti nel periodo: in media, poco meno di uno al giorno (che, per quanto detto sopra, significa meno di 3 al giorno col 95% di probabilità).

Anche in questo caso siamo perfettamente in media: i casi che si sono verificati in Germania (di cui sono forniti i dati) e in Italia sono poche unità in un tempo non inferiore a una settimana.

Dato che i numeri sono praticamente uguali per il vaccino Pfizer (22 segnalazioni su 10 milioni, pari a 2.2 per milione (fonte: il Manifesto‡), la diffusione di questo genere di notizie farebbe pensare più a una guerra tra aziende (o Stati) che a una reale preoccupazione. Ma non voglio fare il complottista. È un ruolo che non mi si addice. Mi limito a riportare alcune illazioni che non sembrerebbero essere del tutto destituite di fondamento.

Per concludere: come giustamente osserva l’autore del tweet da cui ho preso le mosse, se c’è una cosa che questa vicenda dimostra è che la farmacovigilanza funziona fin troppo bene. Giornali e governi, ahinoi, un po’ meno.


*) numero facilmente stimabile sapendo che a oggi sono morte poco più di 100.000 persone su 60 milioni.

) in realtà è un po’ diversa da questa, perché l’intervallo di confidenza, come si chiama, non è simmetrico, ma cambia poco e per semplicità usiamo la formula secondo cui abbiamo il 95% di probabilità in un intervallo di ampiezza pari a ±2×√1.

) va detto che non è chiaro se tutte le 22 segnalazioni si riferiscono a casi di morte del paziente in seguito a trombosi o se solo una frazione di essi sia deceduta, ma i numeri sono così piccoli che in ogni caso potrebbero facilmente rientrare nelle fluttuazioni statistiche.

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